CARLO COTTARELLI, RECOVERY FUND E OLTRE
CARLO COTTARELLI, RECOVERY FUND E OLTRE
«L’esigenza immediata è cercare di uscire dal buco in cui siamo caduti attraverso delle politiche economiche espansive, anche se comportano un forte accumolo di debito nell’immediato. Se però vogliamo che il debito pubblico che stiamo accumulando non crei problemi di sostenibilità nel lungo periodo occorre che questo debito sia usato bene, ovvero per iniziative che sostengano la crescita nell’immediato e nel lungo periodo». Così Carlo Cottarelli, economista di fama internazionale, al BtoB Digital Teaser del 21 settembre scorso.
Alle domande poste da Stefano Castoldi, partner di KPMG, e Giancarlo Ferrario, direttore editoriale di Netweek, in merito alla destinazione dei fondi Next Generation EU e alle priorità su cui allocarli, Cottarelli ha risposto: «Il governo ha già indicato che questo documento non è un documento del governo ma un insieme di proposte che ancora devono essere vagliate. Quelle inserite in questo documento rappresentano chiaramente un numero eccessivo in termini di proposte e di volume di spesa perché si tratta di oltre 600 miliardi di euro, ovvero più di 3 volte tanto quello che sarà effettivamente disponibile».
Le priorità per l’Italia
«Io ritengo – ha precisato il Professore – che siano quattro le priorità su cui allocare i fondi: innanzitutto l’investimento pubblico: si tratta di una forma diretta di spesa da parte dello Stato e che quindi ha un impatto diretto sull’economia, con il rischio in questo momento di incertezza e di non essere spesi dalle famiglie e imprese. L’altro vantaggio degli investimenti pubblici è che lasciano qualcosa alle generazioni future. Nell’investimento pubblico rientrano anche le infrastrutture: in questo caso bisogna pensare in piccolo, ovvero alla mobilità a livello territoriale, che farebbe risparmiare un mucchio di tempo alle famiglie che si muovono nonostante la diffusione dello smartworking».
Parlando invece di riforma pubblica amministrazione e riduzione della burocrazia, Cottarelli ritiene che sia necessario migliorare la burocrazia in due sensi: «Uno, ridurre il numero di regole, norme, vincoli, moduli da compilare per semplificare un sistema di tassazione che ora è estremamente complicato. Tutte le interazioni con la pubblica amministrazione sono complicate anche all’interno della pubblica amministrazione stessa, quindi occorre emplificare le norme così che questa si muova più rapidamente e diventi più efficiente, facendo anche risparmiare soldi nel lungo periodo. Questo secondo aspetto è completamente ignorato dalle linee guida del Next Generation Italy, mentre io credo invece che sia molto molto importante.
Tra le priorità Cottarelli indica poi la riforma della giustizia e l’investimento sul capitale umano. «La giustizia è importantissima per l’economia perché una giustizia lenta è un deterrente fondamentale per gli investimenti. Abbiamo grossi arretrati il cui smaltimento richiede un investimento in tempi brevi. Non solo. Abbiamo necessità di digitalizzare il settore e avere più personale impiegatizio e cancellieri; questo non richiederebbe tanti soldi ma avrebbe un enorme impatto sulla propensione all’investimento privato in Italia. Non a caso, quando si chiede agli imprenditori esteri perché non vengano a investire in Italia da anni sono tre cose che saltano fuori: eccessiva tassazione, la lentezza della giustizia la burocrazia. E – aggiunge – ricordiamoci anche ciò che ci viene chiesto dall’Europa in tema di investimenti green, anche per mettere in sicurezza il territorio».
Recovery… what else?
«Ci sono altre cose che noi potremmo fare e che andrebbero necessariamente fatte per rilanciare il Paese, tra cui, in primis, ridurre la pressione fiscale. Bisogna trovare spazi per ridurre l’evasione fiscale e semplificare il sistema, ridurre le deduzioni e le detrazioni anche se ciò consente di abbattere le aliquote ma non di ridurre la pressione fiscale. Inoltre, è necessario risparmiare qualcosa sul lato della spesa. Mi riferisco a spese nel lungo periodo, ma nell’immediato sappiamo che la spesa pubblica e deficit pubblico devono crescere».
Il tutto, dunque, deve (o dovrebbe) fare riferimento a una visione di lungo periodo, «a una visione strategica del Paese per le imprese italiane che c’è o no? Continuerà la spending review oppure dato i fondi che l’Italia riceverà ci si dimenticherà di farlo?». Questa la domanda di Giuseppe Fontana, CEO di Fontana Gruppo, cui Cottarelli ha risposto così argomentando: «Se prendiamo le linee guida varate dal governo, si enfatizza un elemento trasversale che è quello della digitalizzazione, sia del settore pubblico sia del settore privato, fondamentale nel mondo moderno e sappiamo di essere molto indietro rispetto agli altri paesi. Io ritengo che sarebbe sbagliato per il governo scegliere di sviluppare un settore piuttosto che un altro perché è fondamentale far funzionare il mercato, altrimenti si finisce per avere un’economia pianificata. Il ruolo dello Stato e del Recovery plan dovrebbe essere creare le condizioni per cui gli imprenditori possano fare meglio il loro lavoro. Io credo in un’economia di mercato, quindi per me il governo deve fare delle cose che servono per il bene dell’attività d’impresa. Poi starà agli imprenditori e al mercato decidere in quale settore è più appropriato svilupparsi in base anche al momento storico.
In merito alla spending review, di revisione della spesa adesso ovviamente non se ne parla! Anche perché paradossalmente in una crisi economica anche la spesa cattiva può avere un ruolo, perché questo comunque mette soldi in tasca alla gente che loro spenderanno. Quindi, paradossalmente, in un momento di mancanza di domanda, anche lo spreco pubblico può servire a far aumentare la domanda. Certo, in linea di principio è comunque necessario andare avanti con un’attività di revisione. Anche perché riducendo delle spese che sono poco utili, con questi soldi si può si può finanziare il taglio delle tasse.
Roberto Crippa, vice president & general manager di Technoprobe, ha poi chiesto quale possa essere l’incidenza dell’investimento sulla formazione in ambiti ad alto potenziale come quello della microelettronica e soprattutto sulla formazione tecnico-scientifica. «Tutti gli indici – ha esordito Cottarelli – ci dicono che investire in Italia è molto più difficile rispetto a quasi tutti gli altri paesi avanzati; lo stesso dicasi per l’High tech. Certo è fondamentale avere un’offerta di skills, di capacità e abilità lavorative che attualmente l’Italia non riesce a fornire e che invece sarebbero essenziali per favorire l’occupazione dei giovani. Io spesso vado a parlare nelle scuole e sono andato mi sembra un anno fa a parlare all’Istituto tecnico di Dalmine dove nel giro di tre mesi i ragazzi che escono da lì hanno trovato lavoro perché avevano le skills e le capacità tecniche lavorative che l’industria, anche del settore dei servizi chiede. L’investimento di questo tipo è presente nelle linee guida per questo Next Generation Fund del governo. Poi però bisogna passare dalla teoria ai fatti. Io penso che sia fondamentale investire di più nel capitale umano soprattutto negli asili nido e nelle università
Smart e non
Il lavoro, quindi, cambia, e con la pandemia la quotidianità del nostro lavoro è profondamente mutata: vedi alla voce smartworking, come ha argomentato Danilo Pozzi, partner di IPQ, che è stata main partners del dialogo di Cottarelli con gli imprenditori brianzoli. Per Cottarelli, che è anche direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, «occorre prestare attenzione ai settori dove diventa più difficile attuare lo smart working, ad esempio, dove c’è uno stretto lavoro di team di squadra. Lo vedo anche nel piccolo dell’attività che svolgo io presso l’Osservatorio sui conti pubblici italiani: siamo rimasti chiusi da marzo, adesso si è riaperto perché l’interazione tra le persone diventa difficile. Nonostante le differenti piattaforme digitali a disposizione, manca sempre l’idea di girarsi e trovarsi il collega vicino per parlare/chiarire dato che non si condivide più lo stesso ambiente di lavoro. Il discorso cambia per le attività individuali, che possono essere gestite anche da remoto».
Il mondo, tra noi
Daryush Arabnia, presidente di Geico Taikisha, ha poi contribuito a portare lo sguardo altrove, oltreoceano, alla caccia di previsioni sulle elezioni americane. «È probabile che Trump sia rieletto – questo il giudizio di Cottarelli, già membro del Fondo Monetario Internazionale – Una cosa che non cambierà chiunque venga eletto sono i rapporti con la Cina: c’è una tensione inevitabile, sono le due economie più grandi del mondo sono testa a testa in termini di dimensione. L’Iran è un elemento di tensione per l’economia mondiale che rimarrà sia che venga eletto Trump o che le preferenze vadano a Biden. Non credo che invece cambierà molto dal punto di vista della gestione dell’economia nel breve periodo, perché entrambi i candidati ritengono i l’economia americana debba essere sostenuta su anche con tassi d’interesse: la politica monetaria rimarrà comunque espansiva, così come le politiche fiscali. Quello che cambierebbe è la propensione a cercare di eliminare alcune tensioni che sono emerse negli ultimi anni, tensioni sociali e tensioni relative e ai cambiamenti nella distribuzione del reddito. Ovviamente Biden è molto più propenso a ascoltare le esigenze di chi ha subito perdite in termini di distribuzione reddito di chi non vede più funzionare l’ascensore sociale».
Il futuro è on line?
E veniamo al mondo del web, in particolare dell’e-commerce, dove Cottarelli ha risposto al dubbio di Marcello Meregalli, ceo del Gruppo Meregalli, sul fatto che le vendite on line possano comprimersi a qualche mese di distanza dal lockdown. «Credo che la tendenza sia quella dell’aumento delle vendite online con problemi di diverso genere soprattutto per i negozi fisici che si dovranno in qualche modo adattare, ma certo non è pensabile avere un mercato di vendite esclusivamente online. È forse possibile che negli Stati Uniti si sia già raggiunto il livello ottimale di combinazione tra vendita online e vendite non online e che in Italia ci sia ancora spazio per l’aumento dell’e-commerce».